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ESTRATTO


Gli intellettuali stanno zitti, io ho voluto lanciare l'allarme

Donatella Alfonso

Bollettario n°41


Intervista ad Edoardo Sanguineti

Genova - "Mi hanno detto che ho avuto coraggio: mi suscita malinconia l'idea che sia considerato un gesto di coraggio esprimere le proprie opinioni. Sì, ho voluto lanciare un allarme: il letterato, l'intellettuale, l'artista, deve sentire la sua responsabilità di messaggero di ideologia, qualsiasi essa sia, io l'ho sempre fatto, ma gli altri? In questo periodo, così delicato, mi sono sentito solo". Edoardo Sanguineti spiega così, rientrato nella sua casa sulle colline della periferia genovese, le ragioni che l'hanno spinto sabato sera, durante la cerimonia di premiazione del Premio Campiello - conferitogli per il complesso della sua carriera - a lanciare un appello al presidente del Senato Pera e al capo dello Stato Cianpi per difendere la Costituzione.Professore, perché questo appello?
"lo volevo solo rispondere alla domanda di Augias sul potere della letteratura oggi, se è efficace o meno. E ho detto che il letterato deve sentir la sua responsabilità di messaggero di ideologie. Non dico quale, ognuno porta la propria, giusta o sbagliata che sia; ma secondo me questa coscienza un poco si è perduta, sembra che l'intellettuale, l'artista, sia mancato alla propria responsabilità".
Una sorta di "tradimento dei chierici"?
"Diciamo che è grave che in un momento così delicato come questo, ci sia questo disimpegno. In un momento meno inquietante può accadere, ma non ora: e mi preoccupa la sfiducia della letteratura, la mancanza del ruolo di un artista".
Sanguineti, il suo è un allarme per tutti gli intellettuali?
"Sì, certamente. lo mi sento piuttosto solo, devo dirlo, perché concepire l'idea che le ideologie siano finite, che destra e sinistra non significhino più molto, è una cosa che è partecipata da tante forze intellettuali, per non dire da tutte. Ma in un momento che, ripeto, è preoccupante, mi è parso giusto rivolgere al presidente del Senato e al capo dello Stato un appello perché esplicitino la loro fedeltà alla Costituzione nel momento in cui viene sdoganato Mussolini".
Marcello Pera le ha risposto parlando di barriere ideologiche, le cronache dicono che gli applausi sono andati più alla replica che al suo intervento. Lei che reazioni ha registrato?
"Se il mio intento fosse stato quello di strappare applausi, avrei fatto un'elegia a Pera o anche a Berlusconi, ma mi sarebbe costato. Rientrando a casa ho trovato in segreteria numerosi messaggi di appoggio e solidarietà; ma devo dire che anche dalla platea di industriali veneti che c'era a Venezia si sono alzate persone che sono venute a complimentarsi con me. La mia posizione solitaria come intellettuale pare avere incontrato solidarietà in altri ambienti: mi hanno detto che avevo fatto un atto di coraggio. Ma se si finisce per aver coraggio senza intenzione, solo per aver argomentato ciò che si pensa, questo mi suscita malinconia".
Ha pensato che il suo appello potrebbe diventare un nuovo elemento di stimolo per la sinistra, come la ormai storica sferzata di Nanni Moretti?
"Per l'amor del cielo. Sarebbe improprio, io ho solo continuato a fare quello che ho da sempre fatto, da intellettuale come da deputato. Non ho fatto niente di più di quello di sempre. Ora tocca agli altri dire la loro".
Professore, dopo il suo allarme confidache gli intellettuali si faranno sentire?
"Vedremo".
Soddisfatto del premio Campiello alla carriera?
"Sì, in quest'anno per me fortunato. Soprattutto perché non s è rilevato solo il valore integrah della mia produzione letteraria di questi cinquant'anni, ma quel che si può definire il valore civile. E quello che scrivo o dico, com ho ricordato durante la cerimonia, ha la forza di opporsi alle opinioni dominanti; vuoi dire che oggi è ancora possibile situarsi di fronte al sistema".
(da "Repubblica", 15 settembre 2003)



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ultimo aggiornamento: lunedì 15 dicembre 2003 17.57.01
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