Nella casa del boia
Alberto Masala
Bollettario n°40
pagine sotto il vento…
e…
com'è leggero il vento
mentre disperde voci
strappate dai giornali
che trasportano morti inascoltati
grida d'inchiostro
inerme
come bambini
Nessun uccello mai potrà sorvolare un'esplosione
Nessun albero mai potrà essere piantato su una bomba
Nessun'idea mai potrà vivere su dei cadaveri
Nessuna malta mai potrà essere impastata col sangue
Nessun figlio mai potrà nascere da un morto
Nessuna cultura mai potrà impugnare un'arma
Nessuna parola mai potrà essere ascoltata da un assassino
Nessun padrone mai potrà essere trascurato da un poliziotto
Nessuna libertà mai potrà essere raccontata da un militare
Nessuna pace mai potrà essere cantata in una caserma
Nessun poema mai potrà cantare uno Stato
Nessuna parola d'amore mai potrà essere pronunciata in nome di un dio assoluto
Nessun uccello mai
potrà sorvolare un'esplosione
il silenzio che precede l'esplosione
non è lo stesso dopo
una falce affilata
un lampo
qualcosa di agghiacciante
acqua che scorre silenziosa e fredda
per trascinare i nomi
di quei morti qualunque
neanche traghettati
perché anche Caronte è occidentale
e trasporta soltanto
i morti della NATO
il dopo è una finestra spalancata
di nuovo sul silenzio
e se non resta altro
vi venderete anche quel silenzio
e forse ci scappa un buon affare
Nessun albero mai
potrà essere piantato su una bomba
dicono che gli sposi
chiedessero dall'alto
una benedizione
dal cielo li ha sentiti
solo il volo solenne dei B52
che venivano a bere
attirati dal sangue
e in basso bombe
con leggerezza angelica
scese al di qua della democrazia
la negazione del domani
squarciato anche nell'ombra
che l'albero afghano
getta sul matrimonio
del contadino
che finalmente ha imparato la lezione:
non pianterà più alberi
Nessun'idea mai
potrà vivere su dei cadaveri
così
come forma esemplare di un'idea
dall'altra parte restano
fantasmi di domande
e morti senza tombe
e resta solo ciò che non fiorisce
e sotto solo sabbia
e ancora
bisogna risalire la paura
Nessuna malta mai
potrà essere impastata col sangue
il vostro maledetto
oleodotto di morte
i pozzi
che sgorgheranno morti
impastati al petrolio
ecco le condizioni
per difendere la normalità
dello schema fissato
che stringe circostanze
di una rotta qualunque
purché prudente
o al più… una pallida tensione
pozzo d'angoscia
che il suo senso di colpa
vomita insieme
all'eccesso di cibo
Nessun figlio mai
potrà nascere da un morto
corpi inattivi larve
obese e pigre
apparenze di vita
inceppate in un noioso labirinto
di agiati e fastidiosi contrattempi
quanto fastidio…
il fastidio purtroppo sempre vive
dove il diverso partorisce il suo diverso
ma insiste e batte e batte
insonne con accuse
d'indomabile ansia d'impotenza
Nessuna cultura mai
potrà impugnare un'arma
sempre la cerimonia si ripete
e ogni volta si misura la sciagura
e cresce l'offesa della storia
che mastica solo le apparenze
ingoiandone la normalità
mentre la storia non è la nostra storia
vai nelle strade
guarda
è la nostra giustizia
ora la pace è stabile
e voi siete al riparo
nella periferia fra bene e male
ascoltando la guerra
e guardando la morte
intanto andate nella vita
comunque per vedere gli sconfitti
i vostri giorni sono tutti uguali
Nessuna parola mai
potrà essere ascoltata da un assassino
ma il nostro canto vive
e ogni giorno dispone gli orizzonti
e le stelle nel cielo
e per non far tacere la parola
affronta il desiderio irresistibile
che ci rimane accanto
perfino nell'assenza
colorando l'errore
perché bellezza e amore
esistono
e dell'amore esiste
la bellezza e l'errore
e dell'errore amiamo la bellezza
Nessun padrone mai
potrà essere trascurato da un poliziotto
mentono come automi
perché gli hanno detto di mentire
perché è così
mentendo
che ci si riconosce e si marcia compatti
in posa da combattimento
ormai ci stiamo abituando
frenetica orchestra di parole
infamità
sirene
se si mostrano vittime
lo spettacolo ha sicuro successo
Nessuna libertà mai
potrà essere raccontata da un militare
uno schermo ci indica i confini
della felicità automatica
che vende consenso a caro prezzo
e garantisce prolifica ignoranza
nel messaggio c'è sangue
e sempre nuovi nomi
della disperazione
il nulla che ci rimbomba nelle orecchie
contende le vittime alla morte
per una esibizione
sempre più sorprendente
questo teatro
vuole più spettatori
e saranno più ricchi
e per saziarsi uccideranno ancora
Nessuna pace mai
potrà essere cantata in una caserma
schierano i carri armati e sentinelle
a sorvegliare le utopie
che ci hanno sostenuto
cento soldati eretti
ne bloccano l'accesso
in attesa del colpo
da sferrare sui sogni e le passioni
rosse di verità
sono giovani denti le speranze
le sagome su cui prendere la mira
Nessun poema mai
potrà cantare uno Stato
attento
all'ispirato dalle muse
qui non importa avere belle ispirazioni
non si vede poesia né luminosità
qui niente
nessun ritmo che possa mantenere
la dignità di queste urla accese
etimi che mi sostengono la testa
quando è impossibile essere parole
io non ti chiedo scusa
se qui sputo poesia
assordante di fame e d'angoscia
Nessuna parola d'amore mai
potrà essere pronunciata in nome di un dio assoluto
l'amore è un dio pelleossuto
abbandonato
deformato di guerre
che ormai scava nell'ansia
tra macerie di dubbi
per sottrarre all'inferno un'illusione
da tempo
aspettavamo la rivelazione
la verità che riceviamo dagli schermi
ora i liberatori
ci porteranno un dio
con la realtà già programmata
è certamente cosa buona e giusta:
non abbiamo mai visto verità
senza un intermediario
Cosa dirò ai bambini dell'embargo? Che cosa canterò se urteranno i proiettili?
O cosa fra vent'anni, quando i sopravvissuti incontreranno ancora quelle stesse bombe (vent'anni prima, per fortuna, inesplose)?
Potremmo dirgli che le ha mandate un dio.
E raccontare di mitici scontri fra gli dei.
Il più potente aveva molti servi.
E molte armi.
E le diede anche agli altri per poterci giocare.
Poi le voleva indietro, ma questi non volevano ridarle.
E mandò gli angeli.
Cloni di rambo, fatti di CocaCola, che indossarono lentamente i cromosomi
per scendere in battaglia
e uccidere da eroi
ma queste
non sono cose che riguardano gli dei
Quale epopea!
A te, presidente petroliere
A voi, capi di stato-cani, che mangiate nel secchio dei maiali
A bois, canes de istelzu, che concludete i vostri sporchi affari
a voi grazie
io vi ringrazio per la libertà
che ci avete portato
e tu, America
sappi che un giorno ad uno ad uno
ti si presenteranno i testimoni
dal Vietnam, dal Cile, dal Kosovo e Kabul, Chiapas, Bhopal, Panama, Haiti e Nicaragua, da tutto il Centro-America, da Brasile e Argentina, dall'Africa dei tuoi schiavi neri e dagli uomini rossi delle tue pianure, dagli homeless e dall'Iraq
un giorno
ad uno ad uno
God damn' you America
la tua storia è di sangue
e chiama sangue
preparando certezze di dolore
Alberto Masala, La Torretta, 5 ottobre 2002 *
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ultimo aggiornamento:
venerdì 4 aprile 2003 19.21.02 |