Il pomeriggio filosofico è poi continuato presso la Chiesa Auditorium S. Carlo dove Remo Bodei ha offerto qualche riflessione sul rapporto tra politica e felicità. Anch’egli sente un po’ difficile trattare il tema della felicità alla luce , o meglio, al buio degli ultimi avvenimenti americani. Ciò che rende inoltre difficile trattare questo tema sono le caratteristiche che il concetto di felicità lega a sé: la felicità è precaria, dipende da circostanze molteplici e spesso esterne al soggetto, è fragile ed improgrammabile. Il concetto di felicità cambia poi a seconda delle culture e dei singoli individui. Spesso poi la felicità di qualcuno è causa di infelicità per altri. Tra morte e felicità sembra esistere ripugnanza, ma non è sempre così, basti guardare alla religione dominante in Europa. Cristianesimo e Islam si presentano spesso come antistato, antipolitica (S. Agostino "La Città di Dio"). C’è nella nostra tradizione filosofica l’idea di una felicità transpolitica a cui si oppone la felicità di questo mondo che è effimera e fugace.
Noi dipendiamo da contesti storico-politici mondiali e la felicità non è vulnerabile solo a livello privato, personale. Si era detto che dopo Auschwitz non è più possibile fare filosofia, fare poesia, ma non bisogna arrendersi. Se con la guerra fredda il mondo si era diviso in blocchi per una diversa ricerca della felicità, oggi c’è una diversa consapevolezza: il futuro riguarda tutti.
Per Epicuro la vita politica è la rovina della felicità. Oggi stiamo abbandonando una dimensione privatistica della felicità. La domanda da cui ripartire è se il compito della politica sia quello di rendere felici. C’è tra felicità e politica un conflitto latente? Quale tipo di felicità dovrebbe dare uno stato, la politica? Per il mondo antico la felicità è statica e coincide con la contemplazione. L’astronomia, la matematica si sottraggono al tempo allo spazio, ci rimandano all’eternità. Da Hobbes in poi, con la cosiddetta epoca moderna, la felicità è concepita in movimento. La vita è una corsa con una progressione verso fini ulteriori. La felicità non punta ad una meta fissa che, una volta raggiunta si soddisfa: date ad un uomo tutto ciò che desidera e vedrete che non è tutto. Lo sperimentiamo anche noi nel quotidiano quando raggiunto un obiettivo ci chiediamo: tutto qui? La felicità è un desiderio infinito. Cosa fare allora di fronte a questo desiderio che non si contenta mai? Machiavelli parlava di malacontentezza degli uomini per cui usare le leve politiche della paura e della speranza. E’ necessario togliere l’aculeo ai desideri eversivi di felicità e respingere gli stessi negli ambiti privati. Un’altra strategia è quella di procurare felicità ai cittadini questa è un’idea dell’epoca classica (Tito, Vespasiano) Da due secoli circa abbiamo l’idea che la felicità sia un diritto, ciò viene enunciato nella "Dichiarazione dei diritti" della Virginia nel 1776 ed anche dalla costituzione iraniana del 1979: la felicità è imposta dall’alto. Anche gli americani per poter essere felici si sottomettono ad un potere tutelare. I grandi totalitarismi di destra fanno invece guerra alla felicità intesa come benessere. Il nostro concetto di stato sociale in Europa nasce con Bismark che ha introdotto alcune regole dello stato sociale come l’assistenza pensionistica, l’assistenza sanitaria ecc. Con la fine del '700, scompare anche l’idea della funzione salvifica della politica. Rousseau nell’"Emilio" scrive che l’uomo è buono ed è la politica che lo corrompe, quindi cambiando l’assetto politico l’uomo potrà essere migliore (è questa la visione di fondo del marxismo). Occorre trovare un incastro tra l’utopia e la storia. L’idea moderna è quella di utopia frenata: la storia procede verso qualcosa ma nello stesso tempo occorre fare i conti con la durezza della realtà. Si parla anche di fine delle utopie, di fine della storia, Bodei crede però che non sia vero, semplicemente cambiano le utopie, cambia la storia. Ciò che è terminata è l’alleanza tra l’utopia e la storia. La storia ha perso i suoi criteri interpretativi: l’inevitabile non accade mai, l’imprevedibile sempre. E’ possibile tarare i desideri? I rapporti tra la politica e la felicità sono divenuti molto difficili soprattutto dopo la caduta dell’idea della sovranità voluta da Dio. Tutti hanno oggi uguale diritto ad aspirare alla felicità. Occorre però far collimare i propri ideali con la realtà. Ritornano antiche domande a cui è difficilissimo dare risposta. Il mondo può bastare alla felicità? Due possibili domande da fare ai politici sono: Felicità per chi? Felicità per cosa? Max Weber sostiene che di fronte alle batoste della storia, felice è chi dice: Non importa, andiamo avanti lo stesso. Oppure si può continuare a pensare che la felicità non è di questo mondo o toglierci il disinganno che sperare non paga. Fatto sta che nessuno, almeno in occidente, è più disposto ad essere schiacciato dalla macina della morte della vecchiaia, della violenza. Oggi molti sono concordi che non c’è più la bacchetta magica per trasformare in positivo ciò che è negativo; molti sono tentati di fuggire dalla politica per rinchiudersi nel privato: si gioca la propria felicità su tutte le ruote, ma la felicità privata, vissuta in solitudine è solo un palliativo. Si può forse vivere felici in un lazzaretto? E’ con questa domanda ultima che Remo Bodei si congeda, lasciandoci ai nostri dubbi. Modena, 22 settembre 2001
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martedì 9 ottobre 2001 1.36.27