Zygmunt Bauman, docente di sociologia nelle università di Leeds e di Varsavia, apre la lezione su "La felicità nell'epoca dei piaceri incerti" con una diagnosi ben precisa sulla nostra società, sostenendo che il processo di globalizzazione ha determinato una crisi nella sfera pubblica e ha lasciato l’uomo in balia dell’incertezza e della solitudine. Nella storia del pensiero la ricerca della felicità attraversa tre diversi modi di concepire la stessa: la felicità nelle diverse epoche storiche è vista ora come ricompensa, ora come diritto ed infine come dovere. La felicità intesa come ricompensa è un privilegio, qualcosa per cui si deve combattere. Occorre prima di tutto distinguere tra piacere e felicità. Già Seneca nell’antichità operava questa distinzione: la felicità deriva dal fatto di potersi associare alle cose eterne come la virtù, la filosofia, mentre il piacere è più spesso legato a beni materiali. Il cristianesimo ha proclamato che siamo tutti quanti uniti e vincolati, che il conseguimento della felicità dipende solamente da noi e la vita è una lunga catena di atti che ci prepara alla felicità eterna. Con l’avvento della secolarizzazione nell’epoca moderna si è in parte perduto il desiderio umano di fare del bene. E’ con la Rivoluzione francese che per la prima volta si fa strada il convincimento che la felicità è un diritto di tutti. Questo diritto è però profondamente diverso da tutti gli altri: non si dice cosa fare per conseguire la felicità, per diventare felice. I diritti umani sono stabiliti per gruppi e singoli e riguardano il momento presente, la felicità è invece un diritto che guarda al futuro.Rivendicando il diritto ad essere felici si intende operare un cambiamento su se stessi, sulla propria famiglia o sul mondo nel quale si vive. Questa caratteristica della felicità orientata al futuro è tipica dei tempi moderni. Nonostante poi il desiderio di essere felici investa ogni uomo ed ogni gruppo sociale , una delle caratteristiche della felicità è quella di dividere profondamente tra loro gli esseri umani: spesso la felicità di qualcuno corrisponde all’infelicità di qualcun altro. Se tutti cerchiamo la felicità, dobbiamo coralmente esserne coscienti, discutere di questa idea,dibatterne. Oggi la società ci obbliga, ad essere felici a mostrarci tali e la felicità è diventata quasi un dovere: se non raggiungiamo la felicità ci sentiamo in colpa e sentiamo il bisogno di confessarci. A testimoniare ciò ecco il fiorire di trasmissioni televisive quali “Il grande fratello” dove la confessione pubblica ha preso il posto di quella religiosa. Sembra che siamo nati per applicare ed incrementare dentro di noi la vita felice, ma la felicità intesa come dovere diventa fonte d’infelicità. L’idea della felicità sembra essere diventata uno dei fattori di insoddisfazione e dispersione delle sensazioni. L’idea della felicità che la modernità ci ha presentato strettamente legata al progresso è giunta ora ad una fase finale. Bauman conclude con la tesi finale che la nostra società ha desiderio di desiderio.
Modena, 22 settembre 2001
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