Caterina Davinio
La pace possibile
Afghanistan 7 ottobre 2001
Bush contro talebani? Una guerra che si dovrebbe combattere salendo prima sulla macchina del tempo.
Ormai da anni il mio lavoro di artista "elettronica" si proietta in larga parte nella rete Internet, e, attraverso questo potente mezzo, gli aerei dirottarti non sono precipitati solo contro le torri di NY, ma è come se fossero entrati spaventosamente nelle finestre di casa mia, spezzandomi letteralmente il cuore, per l'amore profondo che, nel bene e nel male, nutro per quella straordinaria città. I love NY.
Ho vissuto intensamente il disastro, subendolo come una violenza e un oltraggio infiniti, nelle testimonianze dirette di artisti, che hanno raccontato quanto vedevano e inviato immagini a mailing list newyorchesi, dalle quali quotidianamente ricevo notizie su argomenti d'arte e d'altro.
Posso quindi avvertire in modo concreto come non sia stato possibile per gli americani non fare nulla, e capire perché le posizioni di Bush abbiano un così largo consenso in quel paese. Comprendo lo spirito della testimonianza della Fallaci, densa di una rabbia che, a caldo, le ha suggerito le parole dure che ha scritto. E ogni mattina, quando apro la cassetta delle lettere, mi chiedo (sorridendo della mia prudenza) se per caso un artista americano non mi abbia spedito un video, un invito o un libro, contaminati di antrace in qualche lontano ufficio postale... Insomma: smettiamo di credere che l'America sia altrove: l'America è qui, siamo noi... Il terrorismo ci colpisce tutti perché il mondo dell'arte e della cultura sono già globalizzati.
Ma contro la guerra, alla guerra in generale, e in particolare contro una guerra che rischiamo pure di perdere.
Qualcuno dice: un gigante scatenato per annientare una pulce... Il problema non è la debolezza della pulce, ma il fatto che il buon senso ci ricordi che non si combattono le pulci con bombe e con gli elefanti...
Se siamo lontani dai muscoli militari dei capi del Pentagono, ancora di più lo siamo dai taliban, che non sono per nulla deboli, perché si avvantaggiano di un ambiente naturale molto difficile per gli americani, di un regime basato sulla religione (più che mai oppio dei popoli), tenendo in ostaggio, con le buone o con le cattive, un intero paese in cui anche i bimbi impugnano le armi.
Ma questa non è la "Crociata" contro l'Islam.
Mi chiedo cosa sia l'Occidente che Bin Laden e schegge impazzite e deviate di Islam (che possiedono potere economico) vogliono distruggere con una guerra totale di cui tutti siamo bersagli.
Personalmente ritengo il Cristianesimo, per i forti legami con l'Ebraismo, una religione di provenienza "orientale", anche se innestatasi in Occidente, storicamente, negli aspetti meno mistici e più pragmatici.
Il mio Occidente non è dunque quello cattolico e cristiano che ha brandito l'arma dell'Inquisizione e dell'intolleranza, che ancora offre alla donna il ruolo principale di madre (all'uomo quello di padre), che condanna l'aborto, il divorzio, il piacere, che alle donne non riconosce il sacerdozio, che considera contro natura il rapporto d'amore tra omosessuali e le famiglie su esso basate, e potrei continuare a elencare i mille volti dell'integralismo nostrano.
Il mio non è neppure l'Occidente opulento della disuguaglianza.
Esiste, però, un Occidente che dobbiamo a tutti i costi difendere: quello che ha fiducia nelle capacità dell'uomo di cambiare il mondo, senza affidarsi a un Dio (qualsiasi dio), un Occidente che ha avuto gli dei splendidi dell'antica Grecia, umani, troppo umani, capaci di straordinarie passioni, di gagliardi appetiti, dotati di quell'immortalità che un giorno le tecnologie genetiche e la bioingegneria (che gli integralisti cattolici respingono), e non certo il mortificante dio degli Ebrei, dei Cristiani o degli Islamici, ci regaleranno.
Non provo simpatia, né solidarietà, per questi taliban che negano i diritti civili alle donne, che applicano la pena di morte dopo processi sommari, che distruggono le statue dei Buddha, che all'arte sostituiscono il dio del nulla. Ho più volte firmato petizioni, che hanno fatto il giro del mondo passando per Internet, contro il loro odioso regime.
Dobbiamo batterci (lo dico con lo stesso tono con cui lo direbbe proprio Bin Laden) contro chi in nome di Allah, o di qualunque altro dio, passato storico, patriottismo, invoca la Guerra Santa, tenendo in pugno un popolo, povero e incolto, con le vecchie armi della religione, della ricompensa nell'aldilà; preferirei, se proprio devono, che invocassero la Guerra Santa e ci sterminassero tutti in nome del Dio Petrolio o di una società più giusta per loro.
Credo che la vera rivoluzione dell'Occidente, quella illuminista, sia in una fase di stallo, o debba ancora cominciare, che un'altra "guerra" sia da combattere, e che non possa identificarsi con quella di Bush e dei capi del Pentagono.
Non ho simpatia neanche per un'America che impone la pace "giusta" con le bombe, per un'America individualista, che ha avuto bisogno del disastro delle torri e della crisi economica per scoprire (forse) la solidarietà, che ha partorito Rambo e Terminator, un'America in cui esiste il razzismo.
Non ho condiviso neppure le prese di posizione dei politici nostrani, invischiati in dispute caserecce che li rendono meschini in un momento tanto grave, pronti a strumentalizzare sia la presa di posizione in favore della pace, sia quella in favore della guerra al terrorismo, come se non debbano per forza diventare la stessa cosa.
Sono delusa dal fatto che importanti comunità islamiche italiane abbiano condannato, sì, il terrorismo, però ambiguamente, nicchiando (per amor patrio, legame di sangue con quei popoli, per paura, o per omertà? Ho capito male?); ciò mi fa pensare che tutti dividiamo lo stesso spazio nel mondo globalizzato, ma, per varie ragioni, non lo stesso tempo (ho in mente la pagina finale de La coscienza di Zeno), e come tra le culture possa e debba esistere il dialogo, ma esista la diversità, che è, sì, una ricchezza, ma può essere un ostacolo.
Qui giunge il punto cruciale: mi chiedo se a rappresentare il mio Occidente possano essere dei gesuiti, i guerrafondai del Pentagono, o dei nazisti, oppure i papa boys. Di sicuro no.
Allora perché a rappresentare l'Islam si interpellano i mullah, si trasmettono i proclami di Bin Laden, s'intervistano adolescenti cresciuti nella miseria morale e materiale dei campi profughi, che simpatizzano per gli integralisti come se fossero a una partita di calcio, nella quale, per segnare un goal, dovranno farsi esplodere e far esplodere il nemico in un tragico videogame.
I dubbi diventano orrore quando penso che, sulla base di sentimenti primitivi come questi, qualcuno, in America come in Pakistan, o in Palestina, invocando il proprio dio (God bless America), imbraccia il mitra e va a morire, in queste ore, in questo momento.
E l'orrore cresce quando ci dicono che Bin Laden (talmente pittoresco con le sue scomuniche in video, che girano il mondo passando per Internet, lanciate addirittura dalle caverne!) andrebbe in giro con una "valigetta" contenete la mini bomba atomica, e che i generali del Pentagono non escludono l'"opzione nucleare".
Se non fosse l'agghiacciante realtà, quello che all'inizio sembrava un film catastrofico sarebbe diventato adesso una striscia di fumetti! Non sono forse personaggi da fumetto questi taliban con tubante e kalashnikov, capeggiati dal perfido sceicco?
Qualcuno su una mailing list newyorchese ha scritto che Bin Laden è forse l'ultimo artista rimasto, perché è l'unico capace di dire cose che ancora ci sorprendono. A tanto forse dovevamo arrivare. Anche per questo: I love NY.
Contro questa guerra e contro tutte le guerre. Contro la barbarie e la violenza, soprattutto contro la violenza della povertà in cui vivono milioni abitanti del pianeta, disposti a credere perfino nei fumetti, e che personaggi da videogame, come i " taliban" - i quali in vita loro non hanno letto e imparato a memoria che un libro solo, e nemmeno bene, a detta di chi di Corano se ne intende e non giudica corretta l'interpretazione integralista -, capeggiati da (Babbo Natale?) Bin Laden, possano liberarli, salvarli, promettere loro un futuro migliore.
Rivolgo quindi a tutti (Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri, e soprattutto alle donne islamiche, la cui voce si sente ancora troppo poco nel mondo) un appello a lavorare per diffondere una cultura, non di una pace astratta basata su una giustizia altrettanto astratta, e forse comunque ingiusta, ma di una pace possibile, non nel nome di un generico pacifismo e umanitarismo (quasi sempre ingenui o ipocriti), ma della ragionevolezza, semplicemente chiediamoci: che cosa ci conviene fare?
Adesso gli islamici vivono nel mondo sotto il peso del sospetto, la xenofobia schizza in impennate vertiginose, il nemico abita comunque alla porta accanto.
Un'ultima domanda, ancora più cinica: ma quanto ci costa bombardare il deserto, dove personaggi da fumetto si nascondono nelle grotte o in villaggi di fango, dietro donne e bambini inermi in carne ed ossa, e sangue? Cos'è rimasto da distruggere in Afghanistan? Arrivano i nostri? Vinceremo? Che cosa? Morto un Bin Laden se ne fa un altro.
Cacciare i perfidi Taliban (che ben meritano la cacciata) per mettere al loro posto i capi di altre tribù (siamo sicuri che faranno di meglio?) non costa forse più che ricostruire le torri di New York City, più splendenti che mai, ripartendo da Ground Zero, luogo dell'orrore, con più consapevolezza, libertà, e orgoglio di essere l'Occidente, nel rispetto però degli altri, di tutti gli altri?
Chiedo scusa se la mia voce fuori dal coro disturberà le posizioni di alcuni intellettuali organici, e chi in gioventù ha intrapreso il romantico viaggio in India. Ma in un momento difficile come questo credo che abbiamo il diritto e il dovere di dire ciò che riteniamo la verità.
La pace richiede molto più coraggio della guerra e anche un pizzico d'ironia (forse anche di cattiveria). I LOVE NY.
Viva Arafat. W la poesia. La pace è possibile.
I più cordiali e pacifici (fino a un certo punto) saluti a tutti.
Caterina Davinio
NY, 2 Novembre 2001
ultimo aggiornamento:
domenica 4 novembre 2001 21.37.55
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