Lettere dall’ospedale
Sangiuliano
10/06/2002
Fiore dell’ansia,figlio, desiderata
pena del cuore a consumarsi intorno
alla speranza di te salvo! Niente
volevo che donarti dalle mie mani
il volo, respirando solamente
per portarti fortuna.
Perdonami la resa e vivi degno
di tua madre, regina.
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Non possono raggiungerti le parole
e neppure i pensieri, sposa diletta.
Fossi solo capace di somigliarti
almeno un po’ per dire che tanti affanni,
gli sperperi del cuore, erano il prezzo
di uno sguardo nel cielo.
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Amici miei, devo essere stato un mostro
di nequizia o altro sgarbo se appena degno
fui dei vostri guadagni, dei vostri figli
annidati al sicuro di tutto il tempo
recuperato a declinare inviti,
a sfuggire gli sguardi senza promessa
di sufficiente affare. A pensarci bene,
mi poteva andar peggio.
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A nuovi dolori fiorisce instancabilmente
la mia solitudine accesa dei più futuri
aneliti di un cuore già racconciato
a morire davvero. Ora c’è una ressa
di rimpianti diversi, e la convinzione
ultima d’innocenza: non si poteva,
non si poteva mescolarsi a tutti
nel peccato e l’ingiuria, l’ipocrisia
di respirare solo a ingombrare il sogno
della vita al poeta.Dove eravate
voi parenti di Murcia quando il vigore
mi scoppiava nel sangue e cercavo intorno
un cielo da volare? Ora mi aspettate
e non posso venire. Ora mi chiamate
e vi debbo rispondere come sempre
mi si spiegava, che non è il momento,
che si vedrà, che tutto andrà per il meglio...
Sorridete e stringetevi, tutti quanti,
stringetemi: credete, è la prima volta
che in tal modo m’affliggo
e ho compagni d’arme.
[continua...]
ultimo aggiornamento:
lunedì 17 giugno 2002 18.43.28 |