La poesia armena è antica come il suo popolo: dai canti mitologici preletterari all'epopea di David di Sasun, dai primi bardi medievali (ashugh) fino a Sayath Nova, dagli inni religiosi di Sahak e Mashtots alla poesia mechitarista dell'ottocento, passando per Gregorio di Narek e Nerses Shnorhali, la tradizione è ininterrotta fino ai nostri giorni. Oggi gli Armeni vivono nella Repubblica Armena e nella Diaspora in tutto il mondo, e tanti sono i poeti, soprattutto delle ultime generazioni. Si è potuto qui accoglierne solo alcuni, partendo dalla più recente produzione poetica della Repubblica Armena, costituitasi al crollo dell'Unione Sovietica, il 19 settembre 1991. I testi e le indicazioni generali ce le hanno offerte studenti e studiosi armeni in visita nel nostro Paese, e alcuni specialisti interpellati sul posto.
Il materiale pervenutoci in questo modo è stato davvero abbondante: molte sono infatti le riviste letterarie che si stampano in questo Paese (come Garun, Nor dar, Grakan therth, Norkh, Mashtotz, Varujan) che offrono la possibilità di espressione a poeti noti e non, compresi dunque i giovanissimi. Accanto alle riviste, sono da ricordare le associazioni che promuovono attività di tipo letterario cui effettivamente partecipano gli scrittori stessi (come l'Unione degli scrittori armeni, di istituzione sovietica, e l'Associazione Amici della letteratura armena), e anche i concorsi e i premi che periodicamente si organizzano e si assegnano in Armenia.
I poeti qui presentati formano un gruppo volutamente composito per età, sesso, formazione, professione e notorietà. Accanto alle due figure unanimemente riconosciute come più famose e rappresentative della produzione poetica armena contemporanea (Henrik Edoyan e Artem Haruthyunyan), si è voluto anche aprire ad altre voci nuove e più giovani. Pur nella diversità di queste voci, alcuni temi ricorrenti in esse manifestano la loro appartenenza ad uno stesso ambiente culturale. La comune menzione in due autori distanti per personalità ed espressione poetica, della Rocca del Corvo (Artem Haruthyunyan e Rosa Hovhannisyan), "luogo" del poema epico medievale di David di Sasun divenuto immagine corrente di solitudine e attesa, così come l'accenno di Haruthyunyan e Manase a uno dei poeti armeni simbolisti più importanti, Misak Metsarentz (1896-1908), sono solo due dei segni sparsi tra i versi che rivelano agli occhi di un lettore straniero il legame che questi autori conservano con la storia e in generale con le tradizioni del loro Paese.
Tale legame si dimostra profondo: in questa raccolta, l'Armenia è presente non solo nel richiamo ad alcune delle sue tradizioni, ma anche fisicamente, nella sua concretezza geografica, come terra, valli, pietre (Terra di pietre sacre, tu unico luogo, Hratchia Saruxan), ed è referente continuo e preoccupazione principale nel poemetto Lettera a Noè di Haruthyunyan.
Comune tra questi autori è anche - si è notato - il senso del fluire del tempo che avvolge l'esistenza sia dell'individuo, sia della collettività in cui egli vive, sia di tutti in assoluto. In Edoyan "la terra del passato" - Scavare, scavare la terra del passato (l'unica terra che hai) - resta il solo elemento di certezza dell'uomo in cerca di un senso negli accadimenti della vita; la successione delle stagioni è registrata nella monotonia di un'esistenza priva d'amore da Rosa Hovhannisyan; nel tempo sono calate le riflessioni sui sentimenti di Artak Hambardzumyan, evocate invece da Sona Antonyan nella dimensione del ricordo. Il tempo irrompe nella poesia di Artem Haruthyunyan con la sua incalzante attualità: la crisi politico-economica seguita al disfacimento dell'Unione Sovietica, il terremoto del 1988, la guerra del Nagorno-Karabakh. Ma il tempo è anche sinonimo di memoria storica, costantemente presente e spinta fino alle radici bibliche (Lettera a Noè di Haruthyunyan).
Legata in un certo senso al profilo storico del popolo armeno è la presenza chiara di temi religiosi, come il riecheggiamento del Cantico dei Cantici in Ti ricordi albero di Sona Antonyan, la menzione del rito del D?nbatzek in Rosa Hovhannisyan, il rapporto tra l'uomo e Dio (La strada per Emmaus di Edoyan) e l'appello sconsolato rivoltogli da chi è talmente confuso da non sapere neppure cosa chiedere ("dammi, Signore,/ non so cosa,/ non so chi", Artem Haruthyunyan).
Diretti accenni alla cultura europea e americana si ritrovano in Edoyan e Haruthyunyan, poeti dalla profonda conoscenza di queste tradizioni letterarie e non a caso docenti di letteratura straniera all'Università di Erevan. Nei testi qui presentati, ad esempio, Jacques Prévert e Ezra Pound sono citati da Edoyan, mentre lo sguardo critico di Haruthyunyan si sofferma sulla superbia di certi ambienti accademici occidentali chiusi nel proprio orizzonte culturale ("alteri professori americani,/per i quali non esiste altro al mondo che l'antica letteratura inglese").
Il patrimonio classico, con i suoi scrittori e miti in particolare latini, è invece preso a spunto originale da Manase fin dal titolo della sua raccolta, Ars Poetica, che si rifà ad Orazio: la sua ricerca tesa a definire il proprio difficile ruolo di poeta passa infatti attraverso l'uso di immagini e di personaggi presi dal repertorio mitologico.
I temi qui riassunti trovano espressione in una lingua duttile, che si presta molto a far poesia: l'armeno infatti offre al poeta la possibilità di coniare neologismi per mezzo di un meccanismo di composizione assai produttivo, lo stesso che nei secoli ha consentito a questa lingua di arricchire continuamente il proprio patrimonio lessicale. Nel caso dei poeti qui presentati, ci si è imbattuti talvolta in vocaboli del tutto nuovi e immediatamente riconosciuti per tali da un lettore armeno; la loro resa in italiano, tuttavia, ne ha stemperato inevitabilmente la forza innovativa, espressione della creatività del poeta. Per il resto, la nostra traduzione ha cercato di seguire il testo armeno fedelmente, chiarendolo, solo laddove comparivano elementi poco noti al lettore italiano, con delle brevi note.
Ringraziamo vivamente per l'aiuto prestatoci con il reperimento dei materiali, la rilettura delle traduzioni e i preziosi suggerimenti: Suren Abrahamyan, Cristina Boschini, Ara Cha?hatryan, Anush Gasparyan, Zaruhi Poghossyan e Arakhsia Stephanyan.
Per la traslitterazione dei nomi armeni abbiamo seguito il sistema usato nell'antologia curata da B.L. Zekiyan, Canto d'Armenia. Yerg Hayastani, in “In forma di parole”, IV serie, n. 1 (1998).
I testi delle poesie sono stati trascritti secondo le norme ortografiche classiche.
Marco Bais ha curato la traduzione delle poesie di Artem Haruthyunyan, Sona Antonyan, Artak Hambardzumyan; Anna Sirinian quelle di Henrik Edoyan, Manase (Kamo Aghabekyan), Rosa Hovhannisyan e Hra?hya Saruchan.